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18 Novembre 2022Articolo di Giulio Sensi pubblicato su Corriere Buone Notizie (15 novembre 2022)
Le imprese sociali continuano a crescere e creare occupazione, ma faticano a reclutare personale e, soprattutto al Nord, vivono un’ emorragia di risorse umane che passano alla pubblica amministrazione.
Legacoop, una delle principali sigle nazionali del mondo della cooperazione sociale, ha condotto un’ analisi sugli andamenti congiunturali sulle sue circa 2.500 associate: emerge che il problema principale vissuto oggi è proprio la scarsità di manodopera. «Riguarda 60 realtà su 100 – spiega Mattia Granata, presidente del Centro Studi di Legacoop nazionale – e solo nell’ ultimo quadrimestre è salito di venti punti percentuali. Il problema supera perfino la profonda crisi dei costi e dell’ energia e rappresenta il principale ostacolo allo sviluppo dell’ attività imprenditoriale».
Un fenomeno che ha iniziato a manifestarsi, come in altri settori dell’ economia, all’ uscita dalla pandemia e oggi assume due forme: la difficoltà a
reperire figure professionali adeguate a svolgere i servizi tipici delle imprese sociali e la fuga di persone verso la pubblica amministrazione che, nei concorsi di assunzione, richiede spesso figure con il know how tipico del cooperatore sociale. A entrare nei dettagli è Vincenzo Di Bernardo, direttore di Confcooperative Federsolidarietà, l’ altra grande sigla nazionale con oltre seimila enti aderenti: «Le figure che cominciano a essere più scarse sono quelle sanitarie e sociosanitarie. Molti si stanno spostando nel pubblico, ma al contempo abbiamo anche problemi a reperire gli educatori».
Disfunzioni Servizi educativi e assistenziali sono infatti fra le principali attività delle cooperative sociali le quali rappresentano ancora in Italia la maggioranza delle realtà definite come imprese sociali. «Il pericolo – aggiunge Di Bernardo – è quello di subire dei rallentamenti in alcuni servizi essenziali come l’ assistenza domiciliare o i servizi per l’ infanzia».
«La forte ripresa del 2021 – aggiunge Granata – ha reso più evidente il problema. La nostra analisi è piuttosto chiara: dopo anni di stagnazione, non appena l’ economia ha cominciato a tirare con decisione, sono emerse le disfunzioni e le arretratezze storiche del nostro mercato del lavoro, e la difficoltà a reclutare personale è divenuta un problema serio anche per le cooperative e più in generale l’ economia sociale».
La scarsità di risorse umane rischia di frenare un settore che sta crescendo e consolidando anche il suo rapporto con gli istituti di credito. Secondo i dati dell’ XI edizione del rapporto dell’ Osservatorio su Finanza e Terzo settore promosso da Intesa Sanpaolo e Aiccon, anche nel 2021 la soddisfazione di cooperative e imprese sociali in merito alla propria relazione con gli istituti bancari è cresciuta (+7,1%), in particolar modo perché le banche forniscono personale dedicato e formato sulle esigenze e specificità delle organizzazioni del Terzo settore e servizi dedicati.
«La fotografia è incoraggiante – commenta il direttore di Aiccon Paolo Venturi – ma si registra una domanda di nuove competenze crescente rispetto a quelle storiche tradizionali e si fa fatica a recuperare risorse umane. Per questo il maggiore bisogno che il Terzo settore e in particolare l’ impresa sociale rappresentano agli istituti di credito è oggi proprio quello della formazione, che riguarda più di sei organizzazioni su dieci. E per fare le cose nuove in quello che chiamiamo il “terzo tempo” dell’ impresa sociale servono nuove competenze, perché la pandemia ha creato una domanda di occupazione e ruoli che sono ancora mancanti. Va ridisegnata l’ intera filiera e l’ impresa sociale deve svolgere un ruolo nuovo: non solo garantire un giusto compenso, ma riproporre un modo diverso di erogare servizi».
Proprio al tema del «lavoro come opera fra senso e compenso» Aiccon ha dedicato uno studio condotto su un campione di giovani cooperatori sociali under 35. La ricerca ha approfondito in particolare tre dimensioni: il compenso economico unitamente al legame tra senso e motivazione del proprio ruolo; la funzione strategica della formazione; le prospettive inerenti il desiderio di carriera. «Viene fuori – aggiunge Venturi – che c’ è un riconoscimento potente del valore del lavoro stesso, ma che i giovani hanno necessità di avere protagonismo non solo di facciata, vogliono fare carriere, avere un ruolo nei cambiamenti».
Le nuove leve rappresentano la speranza di sviluppo per le imprese sociali, ma devono anche aumentare i salari. «Occorrono misure di sistema – aggiunge Granata – per riorganizzare un moderno settore delle politiche attive del lavoro incentrato su una strategia complessiva che faccia dialogare e operare in modo efficiente il pubblico e il privato». «Serve prima di tutto – conclude Di Bernardo – che sia nei servizi in accreditamento sia nei bandi di gara siano riconosciuti nei tabellari gli incrementi contrattuali definiti da contratti nazionali maggiormente rappresentativi. E naturalmente occorre trovare risorse che consentano agli enti territoriali di offrire servizi di maggiore qualità e più diffusi».
Fonte: Corriere Buone Notizie